RICONOSCIUTI I BENEFICI AI SUPERSTITI DI SOGGETTO EQUIPARATO A VITTIME DEL DOVERE

Il caso trattato riguarda la tutela della moglie e dei figli di un Maresciallo Aiutante dell’Esercito italiano deceduto.

Il militare aveva prestato servizio per trent’anni nell’Esercito Italiano, nel corso dei quali era stato impiegato in diverse missioni estere in territori ove vi erano stati pesanti bombardamenti con ordigni contenenti uranio impoverito.

Nel corso delle missioni, il militare si era trovato in condizioni igieniche, ambientali e alimentari assai precarie, avendo mangiato cibo locale, pernottato in luoghi oggetto di bombardamenti e lavorando senza orari specifici, in condizioni climatiche avverse e in luoghi polverosi; inoltre il M.llo era stato sottoposto a numerose vaccinazioni tali da indebolire le sue difese immunitarie.

Successivamente gli fu diagnosticata una patologia oncologica che lo condusse alla morte in pochi mesi.

➡️È stato proposto appello alla sentenza del Tribunale del Lavoro di Udine, la quale respingeva la domanda di riconoscimento benefici ai superstiti di soggetto equiparato alle vittime del dovere ritenendo, sulla base della relazione del C.T.U., che non vi fosse prova del nesso di causalità fra i fattori di rischio e la patologia da cui era derivata la morte del loro congiunto.

➡️La Corte di Appello di Trieste SEZ. LAVORO ha accolto il ricorso

 

Dalla sentenza

《E quindi, seppure è vero che non è possibile affermare in positivo che le condizioni ambientali in cui omissis ha operato durante le missioni hanno causato la patologia per cui è poi deceduto, è altrettanto vero che questo rapporto di causalità non può essere escluso o meglio che l’Amministrazione non è riuscita a fornire, come era suo onere fare, la prova liberatoria e cioè a dimostrare che la causa – certa o “più probabile che non” – della malattia è stata un’altra, diversa ed estranea al servizio prestato in un ambiente inquinato. 》