Il caso trattato riguarda il ricorso presentato al Tribunale del Lavoro per ottenere il riconoscimento dello status di vittima del dovere di un ufficiale dell’E.I deceduto a causa di una gravissima patologia tumorale.
Durante diverse missioni militari all’estero, l’ufficiale è stato esposto a rischi ambientali e operativi, tra cui l’uranio impoverito e l’amianto.
La richiesta dei familiari di equiparazione alle vittime del dovere è stata respinta dal Ministero della Difesa.
Secondo il giudice, il Ministero non ha fornito prove sufficienti per escludere un nesso causale o concausale, né ha presentato perizie medico-legali o richiesto consulenze tecniche per confutare le affermazioni degli eredi del militare. Inoltre, non ha fornito una spiegazione alternativa convincente per la patologia contratta dal militare, nonostante le prove dell’esposizione all’amianto e la presenza di nanoparticelle di minerali pesanti nel suo organismo. La parte ricorrente ha l’onere di dimostrare tale esposizione, mentre spetta alla controparte contestare il nesso causale tra l’esposizione e la malattia. Le prove includono testimonianze e documentazione riguardanti anche il ruolo specifico dell’ufficiale nella manutenzione degli elicotteri contenenti amianto.
La difesa del Ministero non è riuscita a escludere la possibilità che l’esposizione abbia contribuito alla malattia.