《Dall’imponente corredo documentale prodotto, emerge evidente come il teatro di esercizio della funzione in cui ebbe a svolgere il servizio omissis, nel periodo in cui lo stesso era stato ivi destinato, fosse abbondantemente caratterizzato da un inquinamento ambientale di metalli pesanti, tra cui silicio, calcio cromo, tungsteno ed uranio impoverito.
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Che la causa della patologia sia stata nel concreto originata da questa esposizione appare più che plausibile, ed anzi verosimigliante, anche in relazione al rinvenimento nel tessuto cerebrale di omissis di nano particelle metalliche. ( vedi relazione in atti).
E’ in definitiva dato storico, in relazione ai conflitti avvenuti nei Balcani, l’utilizzo in quantità elevate di uranio impoverito ed altri metalli pesanti impiegati negli armamenti utilizzati nei vari conflitti; sono note le proprietà genotossiche dei metalli pesanti una volta penetrati ( le dimensioni sono dell’ordine del micron) all’intemo dei tessuti. Ed è riscontrato che quest’esposizione abbia interessato personalmente anche omissis. Così come è stato dedotto e dimostrato, che queste particelle non siano biodegradabili ed abbiano quelle capacità tossica rappresentata.
Non è quindi vero, in linea di prima approssimazione, quanto sostenuto dalla difesa dell’amministrazione, laddove ha sostenuto il difetto di un adeguato esame in grado di diagnosticare la possibile origine della patologia.
L’insieme delle due precedenti proposizioni, consentono di dedurre, dal punto di vista indiziario, ma grave preciso e concordante ai sensi dell’articolo 2727 c.c. l’origine artificiale delle particelle metalliche di origine di alta temperatura, rinvenute all’interno del corpo del de cuius.
Se questo è il quadro, ricognitivo e confessorio ai sensi dell’articolo 2735 c.c. dell’esistenza del nesso causale, quanto evidenziato in termini di conoscenza effettiva del problema metalli e polveri sottili nel teatro di intervento da parte dell’amministrazione, consente di chiudere il cerchio sotto il profilo della responsabilità: ed infatti, quanto accaduto al militare diviene imputabile – ex art 2087 c.c. – sul piano del difetto di dimostrazione circa la diligenza e prudenza nell’approntamento di adeguati strumenti di tutela e dispositivi di protezione individuale, che la documentazione prodotta ha consentito evidenziare esser stati adottati con ritardo. Ed infatti, per giurisprudenza costante di merito e legittimità, deve sostenersi che sussista la responsabilità del soggetto datore di lavoro per la malattia contratta da un dipendente sul lavoro: anche se l’articolo 2087 c.c. non configura una ipotesi di responsabilità oggettiva assoluta, tuttavia, quando il lavoratore (o chi per lui) abbia dimostrato di aver contratto una malattia e che questa sia derivata eziologicamente dall’ambiente in cui costui è stato comandato ad operare, viene — a contrario – a gravare sul datore di lavoro (nella specie l’amministrazione) l’onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi dell’evento dannoso ovvero dell’intervento di una causa autonoma dotata di efficacia eziologica.
Nessuna delle due circostanze elidenti la responsabilità pare esser stata offerta e dimostrata dalla amministrazione convenuta.
La somma di tutto quanto prodotto assume allora valenza dimostrativa indiziaria di carattere presuntivo, grave, univoca, precisa e concordante di cui all’articolo 2729 c.c. della riconducibilità della patologia al fattore ambientale nocivo cui, il datore di lavoro, ha costretto il de cuius.》
Il Caso
Militare dell’E. I successivamente transitato nei C.C morto a causa di una grave patologia tumorale.
Il militare aveva partecipato
︎- a campi di addestramento in Teulada (CA) presso il Poligono Sardo, in situazione di inquinamento da metalli nocivi.
– missione internazionale ( 4 mesi) in Kosovo presso la base NATO con incarico di Fuciliere e scorta V.l.P;
– missione internazionale (4 mesi ) in Kosovo presso la base NATO di Dakovica, incarico di Guastatore;
-︎ missione internazionale ( 1 mese) in Kosovo presso la base NATO di Belo Poije, con incarico di Paracadutista Cinofilo del Genio.
Il Tribunale di Roma accoglie il ricorso degli eredi.
Dalla sentenza:
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