Il TAR si è pronunciato sul caso di un militare affetto da carcinoma uroteliale, il quale ha richiesto il riconoscimento di benefici a causa della sua esposizione all’uranio impoverito durante le missioni in Bosnia e Kosovo. Nonostante la giurisprudenza recente richieda un’analisi approfondita delle patologie oncologiche legate al servizio, il Ministero della Difesa ha costantemente negato il nesso causale, basandosi su argomentazioni generiche.
Inizialmente, il Comitato di Verifica aveva escluso la dipendenza della malattia da cause di servizio, una posizione che è stata criticata per essere superficialmente motivata e per non aver considerato il contesto contaminato. Il Ministero ha successivamente ribadito il diniego dei benefici, ignorando i rischi documentati legati all’uranio impoverito e le evidenze scientifiche che suggeriscono un possibile nesso oncogeno, oltre a tralasciare la presenza di microparticelle di metalli pesanti nei campioni biologici del militare.
Il TAR ha quindi dichiarato nullo il provvedimento del Ministero, evidenziando l’illegittimità del rifiuto e l’atteggiamento negazionista riguardo alle implicazioni sanitarie legate all’uranio impoverito.