LA SUPREMA CORTE RAFFORZA LA TUTELA DEL LAVORATORE IN DIVISA : IN PRESENZA DEL RISCHIO TIPIZZATO L’ONERE DELLA PROVA È A CARICO DELL’ AMMINISTRAZIONE

La sentenza riguarda il ricorso proposto da un militare che aveva operato come conduttore di automezzi e meccanico in missioni internazionali in Macedonia, Kosovo e Libano, esposto quindi a esalazioni e residui tossici a seguito di esplosioni di munizioni, inclusi quelli con uranio impoverito, e costretto a consumare acqua e viveri potenzialmente contaminati. Questa esposizione aveva portato allo sviluppo di una neoplasia.

➡️La Corte d’Appello aveva confermato una precedente sentenza che negava il riconoscimento dei benefici previsti per le vittime del dovere, ai sensi dell’articolo 1 commi 563 e 564 della legge n. 266 del 2005, nonché delle provvidenze assistenziali previste dalla legge n. 206 del 2004 al lavoratore militare esposto a condizioni operative pericolose durante missioni internazionali.

➡️La Corte ha limitato l’esame a una sola delle patologie denunciate, poiché il procedimento amministrativo si era concentrato solo su quella, e la diagnosi dell’altra patologia era stata presentata solo in fase di appello. Sulla base della consulenza tecnica d’ufficio (c.t.u.), la Corte ha escluso l’esistenza di un nesso causale tra le condizioni operative subite dal lavoratore e le malattie diagnosticategli.

🔎Contro questa sentenza, è stato presentato ricorso in Cassazione.

➡️La decisione della Corte di Cassazione riconosce che le ‘particolari condizioni ambientali o operative’ implicano circostanze straordinarie che espongono il dipendente a rischi maggiori rispetto alle normali condizioni di lavoro. In questo caso specifico, la Corte ha valutato le prove relative all’esposizione del ricorrente a nanoparticelle di metalli pesanti in ambienti bellici e ha stabilito che, in presenza di un rischio tipizzato, la malattia deve essere considerata come derivante dal servizio, a meno che non vengano dimostrati fattori esogeni con una portata eziologica esclusiva.

➡️La Corte ha applicato il principio secondo cui, se la malattia è inclusa in una tabella di malattie professionali, si presume un nesso eziologico con il lavoro, a meno che non venga fornita una prova contraria. Nel caso in esame, la Corte ha stabilito che era compito dell’amministrazione dimostrare l’intervento di fattori patogeni extralavorativi, in grado di superare la presunzione legale di eziologia professionale.

🔎La Corte ha accolto il secondo motivo di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.