URANIO IMPOVERITO : RIFORMA SENTENZA TAR E ACCOGLIMENTO VINCOLANTE

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso di primo grado,  riformando la sentenza del Tar  vincolando l’amministrazione all’accoglimento

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“L’ampia e corposa documentazione versata in giudizio dall’appellante depone nel senso di una oggettiva e comprovata sussistenza del possibile nesso eziologico tra evento tumorale che ha colpito il militare e la sua esposizione alle sostanze chimiche.
Le relazioni tecnico-scientifiche, la perizia medica prodotta dalla parte e più in generale gli studi epidemiologici eseguiti in Italia hanno evidenziato sia la possibile correlazione tra alcune patologie tumorali e l’attività militare svolta in determinati ambienti contaminati da uranio impoverito, sia analoga correlazione tra patologie tumorali e cicli vaccinali.
 Il Comitato di verifica ha escluso il nesso eziologico ponendo a base delle proprie argomentazioni i seguenti elementi fattuali: l’attività specifica del richiedente è consistita in quella di telescriventista/ operatore informatico; nella missione in Bosnia ha svolto vigilanza e controllo dei punti sensibili del territorio in “Condizioni ambientali fortemente deteriorate/rigide temperature/particolare contesto sociale/condizioni logistiche non ottimali”; quanto al servizio in Albania non vi sono indicazioni particolari; per quanto riguarda l’attività successiva, ha operato presso poligoni ma con mansioni di telescriventista.
Nell’esprimere il proprio parere, recepito nel decreto avverato nel giudizio di primo grado, il Comitato, nel valutare il collegamento tra nanoparticelle e linfoma, ha ritenuto che l’affermazione per cui le particelle rinvenute sarebbero “il risultato di una o più combustioni/esplosioni cui il paziente è stato esposto” risulterebbe “invero generica, tenuto conto che non è facile affermare che quanto rinvenuto nel campione biologico del xxxx sia riferibile ad esplosioni del 1998”. Gli unici elementi significativi, si legge nel parere definitivo, “sono il dato oggettivo di una malattia tumorale e la partecipazione a due missioni. Non risultano, altre particolari condizioni di esposizione sulla scorta di quanto riferisce il rapporto informativo, che indica in modo chiaro le attività specifiche del richiedente. Si procede comunque alla ricerca ‘di ufficio ‘ di una causalità tra servizio e patologia. Invero vi è un importante elemento di valutazione contrario. Si legge nel referto del xxxxx dell ‘ospedale di Forlì dell’esistenza di significative condizioni pregresse: ‘Da circa 15 anni, alcune omissis trattate chirurgicamente e alcune risolte spontaneamente o con variazioni volumetriche spontanee. Dal 1998 comparsa di omissis che da allora ha variazioni volumetriche per cui era seguito dal dermatologo mai biopsata fino a un mese fa’. Quindi, anche se ciò non è risolutivo sul punto della concausalità, le condizioni che possono avere favorito la patologia sono antecedenti alle missioni”.
Il parere poi si sofferma sulle allegazioni scientifiche prodotte dal ricorrente.
Il Collegio osserva, innanzitutto, che deve escludersi la necessità della dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta — in tesi sostenuta dal Comitato di Verifica nel parere e fatto proprio dall’Amministrazione, laddove taccia di genericità il risultato della biopsia con l’assunto che “non è facile affermare che quanto rinvenuto nel campione biologico del xxxx sia riferibile ad esplosioni del 1998” essendo sufficiente tale dimostrazione, in termini probabilistico-statistici, con riferimento ai teatri operativi principali, tra cui quelli in cui ha operato l’appellante.
Nello specifico, il ricorrente ha comprovato di avere operato in teatri operativi fortemente interessati dall’utilizzo di munizionamento all’uranio impoverito e di altro munizionamento bellico (la documentazione sul punto è di dettaglio).
Come pure ha allegato la circostanza, anche questa non confutata dall’Amministrazione, che in tale contesto egli ha operato privo di specifiche protezioni individuali, in territorio caratterizzato da elevatissimo fattore di rischio connesso al contatto con ambiente contaminato dall ‘utilizzo di munizionamento all’uranio impoverito ed in genere da forte inquinamento bellico.
Non può certo essere condivisa, dunque, l’affermazione riportata nel parere secondo cui le allegazioni dell’appellante consisterebbero in nulla più che una mera clausola di stile a supporto delle proprie doglianze.
  Le affermazioni/conclusioni del Comitato di Verifica e dell’intimato Ministero, condivise dal Tar, nel senso di escludere con certezza assoluta ogni profilo di nesso eziologico tra la patologia di che trattasi e l’attività cui è stato esposto il militare s’appalesano dunque, tenuto conto del contesto bellico di dettaglio, e non adeguatamente approfondite.
E invero, l ‘ Amministrazione nell’accertare i presupposti sostanziali della dipendenza della patologia da causa di servizio è gravata da un onere d’istruttoria e di motivazione assai stringente, circa la sussistenza, in concreto, delle circostanze straordinarie e dei fatti di servizio che hanno esposto il militare ad un maggior rischio rispetto alle condizioni ordinarie d’ attività.
Nei casi delicati qual è quello in esame, all’interessato basta dimostrare l’insorgenza della malattia in termini probabilistico—statistici, non essendo sempre possibile stabilire un nesso diretto di causalità tra l’insorgenza della neoplasia ed i contesti operativi complessi o degradati sotto il profilo bellico o ambientale in cui questi è chiamato ad operare. Viceversa, la P.A. procedente, che ha disposizione dati aggiornati e più precisi e le professionalità più acconce per effettuare la verifica della concreta posizione del militare, pure in ordine alla ricostruzione dell’attività da lui svolta con riguardo ai di lui qualifica e profilo d’impiego operativo, ben più facilmente può tratteggiare, partendo da questi ultimi dati, una seria probabilità d’insorgenza, o meno, della malattia denunciata (C.d.S., IV sez., n. 837/2016).
L’appellante ha fornito, nel corso di causa, i dati rilevanti sulla vicenda de qua (assenza di specifiche protezioni individuali, in territorio caratterizzato da elevatissimo fattore di rischio connesso al contatto con ambiente contaminato dall’utilizzo di munizionamento all’uranio impoverito ed in genere da forte inquinamento bellico; massicce vaccinazioni; utilizzo di munizionamento all ‘uranio impoverito presso il poligono di tiro).
Non comprende, pertanto, il Collegio per quale ragione tali elementi fattuali siano stati obnubilati e neppure resi noti allo stesso appellante come motivi ostativi.”