VITTIMA DEL TERRORISMO: ESTESI I BENEFICI A SOTTUFFICIALE DELL’ESERCITO

La corte di Appello di Campobasso sez. Lavoro accoglie la tesi dell’avv. Tartaglia ed estende tutti i benefici connessi allo status di cui alla L. 206/2004

 

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” la Corte ritiene fondate le censure mosse  alla impugnata sentenza che, in effetti, deve essere riformata, avendo erroneamente il Tribunale di Campobasso ritenuto immune da vizi la valutazione operata dalla C.M.O. 2A di La Spezia che ha quantificato nella misura del 24% l’Invalidità Complessiva di omissis
 
Effettivamente a fronte di una pregressa dichiarazione di permanente non idoneità al SMI in modo assoluto del  omissis , della natura della patologia accertata (omissis ; v. verbale della C.M.O. del Xxxxx e della documentazione sanitaria allegata al ricorso di I grado, xxxxx) e della documentazione sanitaria allegata al ricorso di I grado, attestante alla data del 2xxxxxx (certificato del responsabile del Dipartimento di xxxxxxx di Campobasso — ASREM), la persistenza di “omissis  “, nonché della specifica allegazione da parte del ricorrente della erroneità, alla luce della normativa di riferimento, delle quantificazioni cui erano pervenuti i sanitari dell’Amministrazione, il Giudice avrebbe in primis dovuto disporre una c.t.u. al fine di accertare la Invalidità Complessiva del ricorrente.
 
Quanto alle argomentazioni della Difesa erariale secondo cui il giudizio della CMO sarebbe incensurabile, basterà osservare che il GO ha il potere di disapplicare gli atti amministrativi, previa verifica della loro legittimità.
 
Né è condivisibile l’interpretazione che dell’art. 6 1. 206/2004 danno i Ministeri appellati.
 
Detta disposizione prevede che “le percentuali di invalidità già riconosciute e indennizzate in base ai criteri e alle disposizioni della normativa vigente alla data di entrata in vigore della legge sono rivalutate tenendo conto dell ‘eventuale intercorso aggravamento fisico e del riconoscimento del danno biologico e morale”.
 
Sostengono gli appellati che si è inteso così riconoscere “un meccanismo di rivalutazione di quanto liquidato alla vittima del terrorismo (solo) prima dell’entrata in vigore di tale norma, ossia il 26.08.2004, in relazione all’aggravamento sopravvenuto, al danno morale e al danno biologico “. In difetto di espressa previsione, “la legge non può operare che per l’avvenire e non può che disciplinare fatti verificatisi successivamente all’entrata in vigore della stessa: di qui un primo profilo di inoperatività rispetto alla fattispecie in esame. Nella specie, al militare di truppa la percentuale d’invalidità permanente del 36% (rectius, del 21%, n.d.s.) e la relativa liquidazione risalgono al xxxx, ossia dopo l’entrata in vigore della menzionata norma. Ritenere che tale norma possa avere una portata generale, con riferimento alla rivalutazione del danno biologico e morale, è del tutto erroneo, in quanto si finirebbe per considerare il danno biologico e morale come voci di danno liquidabile in ogni ipotesi senza alcuna differenziazione, in contrasto con quanto voluto dal legislatore .
 
Si contesta, dunque, che il D.PR. 181/2009, che regolamenta l’applicazione dell’art. 6 1 . 206/2004 e detta i criteri medico legali per l’accertamento e la determinazione dell’invalidità e delle diverse tipologie di danno, possa operare oltre i limiti temporali fissati dalla fonte sovraordinata (art. 6 1. 206/2004).
 
A tale assunto sarebbe sufficiente obiettare che la stessa CMO di La Spezia, ai fini della valutazione dell’invalidità del omissis, ha applicato, come si desume dal verbale delXX/XX/XX (allegato 2 del fascicolo di parte dell’appellante), i criteri di cui agli artt. 3 e 4 del DPR 181/2009.
 
A tanto va aggiunto che questa Corte aderisce all’orientamento, ormai consolidato nella giurisprudenza di merito (cfr. Corte di appello di Firenze, sentenza n. 437/2018, Corte di appello di Genova, sentenza n. 274/2014), secondo cui “l’esclusione della voce di danno morale dalla percentuale complessiva di invalidità permanente nei casi di nuova determinazione, ovvero di rivalutazione di invalidità già riconosciuta ed erogata dopo I ‘entrata in vigore della legge finanziaria del 2006 (come nel caso di specie, nel quale il riconoscimento risale al xxxxx), determinerebbe un ‘ingiusta ed ingiustificata disparità di trattamento tra situazioni simili, in ragione del solo fattore temporale. In altre parole è da escludere che la rivalutazione delle percentuali di invalidità di cui all’art. 6 L 206 /2004 sia da riferire soltanto alle prestazioni già liquidate e indennizzate al momento dell ‘entrata in  vigore della legge stessa e non anche alla presente fattispecie, perché questo equivarrebbe a differenziare il trattamento di eventi simili sulla unica base di un causale — fattore temporale. Al contrario ritiene il Collegio che ogni valutazione debba essere effettuata applicando canoni omogenei, e quindi facendo applicazione dei criteri di cui al DPR 181/2009, volto a dettare una disciplina univoca e generale della L. 206/2004, art. 6’ 
 
Ebbene fatta questa premessa non può che condividersi l’assunto del ricorrente secondo cui la C.M.O. di La Spezia non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni sopra richiamate. In particolare è errata la quantificazione dell’Invalidità permanente nella misura del 21 %, pur dovendosi condividere l’ascrivibilità della stessa nella 8 A categoria, secondo le corrispondenze indicate nella tabella allegato I del DPR 181/2009 1 
 
Si conviene, infatti, con il ricorrente nel ritenere che, tra le due percentuali, all’interessato vada applicata quella più favorevole ai fini della liquidazione dei benefici economici, ovvero, nella specie, quella del 30%, anche in relazione all’età in cui la menomazione si è verificata e stabilizzata (all’incirca xx anni).
 
Quanto alla percentuale del danno biologico, la stessa andava, per le medesime ragioni sopra evidenziate, riconosciuta nella misura massima del 15% prevista per il codice n. 181 D.M.
 
12.7.2000, corrispondente alla patologia del omissis (omissis, come indicato a pag. 20 del ricorso di I grado).
 
Sul punto la pretesa del ricorrente secondo cui la patologia andrebbe ascritta nella categoria 6A è rimasta priva di adeguato riscontro, non essendo noto l’esito del giudizio intentato dinanzi al Tar Lazio in ordine a tale profilo della vicenda.
 
E, in riferimento al danno morale, la incidenza che la patologia ha avuto sulla vita lavorativa dell’appellante, determinandone l’inidoneità al SMI, oltre che la traumaticità dell’episodio cui è conseguita la accertata invalidità, consentono di quantificarlo nella misura massima dei 2/3 del danno biologico, prevista dalla lett. c) dell’art. 4 DPR 181/2009 e, quindi, nella specie, nella percentuale del 10%.
 
Applicando la lettera d) dell’art. 4 D.P.R. cit. e, quindi, la formula per cui l’Invalidità Complessiva (IC), che in ogni caso non può superare la misura del 100%, è data dalla somma delle percentuali del danno biologico, del danno morale e del valore, se positivo, risultante dalla differenza tra la percentuale di invalidità relativa alla capacità lavorativa e la percentuale del danno biologico (IC= DB + DM+ (IP-DB), si perviene ad una percentuale del 40% .
 
Questo nel dettaglio il calcolo: 15% + IO + (30 — 25 + 15= 40%, valore corrispondente alla quantificazione subordinata indicata a pag. 22 del ricorso introduttivo del giudizio di I  grado.